Deutsche Sprache, schwere Sprache…

Lo studio del tedesco continua a spaventare. E così, pur essendo una delle lingue straniere più richieste sul mercato del lavoro italiano, rimane una delle più scartate. In cima alla lista delle motivazioni si trova la sua reputazione di lingua “difficile”, non da ultimo per il fatto di essere costantemente paragonata alla cugina lingua latina. Benché personalmente trovi il paragone tutt’altro che offensivo, non posso di certo sostenerlo. Tempo fa, tuttavia, qualcuno deve avere sparso questa voce. Forse addirittura un antico professore,  magari con l’intento di rivendicare il sudore versato durante la preparazione degli esami universitari. Chissà. Indubbiamente vi aveva aggiunto qualche dettaglio intelligente come l’accenno ai casi o… non saprei. Di fatto, nell’inconscio collettivo di tanti studenti e poi dei loro figli e dei figli dei loro amici è rimasto incollato qualcosa come “se non conosci il latino, scordati di imparare il tedesco”.

È innegabile che per avvicinarsi allo studio del tedesco delle solide basi grammaticali non guastano per niente, ma direi che questo vale per l’apprendimento di qualsiasi lingua, se l’obiettivo è quello di impararla bene. Eppure… quanti studenti davanti alla possibilità di scegliere tra tedesco e spagnolo, ad esempio, senza nemmeno pensarci un attimo, optano per la seconda? E quanti genitori supportano i figli in questa scelta? Senza rendersi conto del fatto che la conoscenza del tedesco sul curriculum può rappresentare una carta vincente da giocare poi nel mondo del lavoro.

Il tedesco è una lingua “rigorosa”, con tante regole, sì, ma anche poche eccezioni. È logica e si basa su principi precisi già a partire dalla pronuncia. Io apro i miei corsi di lingua tedesca trattando proprio questo aspetto e consegnando ai miei studenti le chiavi per poter pronunciare da soli tutte (o quasi) le parole tedesche. Un giardino paradisiaco per chi si sia già confrontato per bene con la giungla contorta della pronuncia inglese. Difficile però da trasmettere a chi è convinto che la lingua tedesca sia composta solo da parole lunghe e impronunciabili.

Il Novecento tedesco, poi, con la sua storia burrascosa e nota a tutti – per l’eternità e a tutte le creature dell’universo – non ha certo contribuito ad addolcire la reputazione di questa lingua. Ha invece avuto effetti propagandistici decisamente controproducenti sull’immagine che il resto del mondo appunto si è fatto di lei, dei suoi suoni, nonché dei suoi usi.

I casi e i loro rigidi principi teutonici, la pronuncia, e poi le parole così lunghe… No, grazie!

Comincerei col fare presente che in italiano esistono sostantivi come “esofagodermatodigiunoplastica” (29 lettere), “aerotermoviscoelasticità” (24 lettere) e anche – forse di uso un po’ più comune – avverbi come “precipitevolmente” o “contemporaneamente” (18 lettere).  E proseguirei col dire che in tedesco esistono anche sostantivi come “Ei” (= uovo, 2 lettere, sì). Preciserei poi che le “parole lunghe” non sono realmente parole lunghe, bensì il risultato dell’unione di più parole, messe l’una accanto all’altra (una pratica peraltro non estranea alla lingua italiana). Si tratta di parole composte secondo una logica che racchiude in realtà un grande potenziale creativo. Quelle creazioni chiamate Komposita a volte spaventano chi legge ma non sono che l’accostamento di termini per i quali in italiano spesso è necessario ricorrere a intere perifrasi o comunque a più parole. Oltretutto, quei composti interminabili, 4 o 5 parole (e perché no, anche 6?), davanti ai quali il lettore resta impietrito, sono o un falso o una rarità. Possibili sì – come il noto “Hottentottenstottertrottelmutterattentäter” – ma non ho mai sentito di un tedesco che ne faccia uso. Certo, questi composti esistono, sono componibili, diciamo…un po’ come è data a tutti la possibilità, nel tempo libero, di costruire un’interminabile torre con i mattoncini del Lego.

Partendo dal presupposto che non esistono lingue facili e lingue difficili (io considero la lingua inglese, ad esempio, la più semplice da parlare… in modo scorretto), la logica dei composti e le regole di pronuncia del tedesco sono solo alcuni tra gli argomenti che tratto nelle mie prime lezioni con gli studenti dei corsi base, presentando loro i lati semplici (e poco conosciuti) di questa lingua. Lo faccio a sostegno della lingua tedesca stessa, che amo e alla quale sono molto legata sia per motivi professionali che personali; a sostegno degli studenti che hanno scelto o che si sono ritrovati loro malgrado a confrontarsi con questa lingua (leggi: limite massimo per altre lingue già raggiunto); e a sostegno di quei colleghi che diversamente da me hanno scelto di entrare nel labirintico mondo della scuola lavorando con i ragazzi e che, pur essendo specializzati in lingua tedesca, si trovano talvolta costretti a insegnare la loro seconda lingua. E questo perché il tedesco, già presente in pochissime scuole in passato, si trova ora sempre più minacciato da altre lingue più “semplici” (o più “di moda”). E magari, nella scuola in cui quegli stessi colleghi, dopo qualche supplenza “singhiozzata”, sono riusciti ad inserirsi almeno per qualche mese, ne è già stata prevista la cancellazione.

Senza mai smettere di incoraggiare allo studio del tedesco soprattutto i giovanissimi, dedico questo articolo ai miei studenti adulti che mi seguono e sostengono – anche se, a proposito di semplicità, non sempre si lasciano convincere…